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ZAFFERANO LEPROTTO

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Zafferano in polvere in busta da quattro, Bonetti, Milano, dal 1963

Milano è una grande babilonia vitale di palazzoni luccicanti, di magazzini, di ragazze d’ufficio, di agenti di borsa, di ragionieri, di caffè, di ristoranti, di sartorie, dentro l’aroma collettivo del risotto giallo”.
Guido Piovene

Milano e lo zafferano possiedono una storia speciale, a partire dal Quattrocento, quando Martino De’ Rossi, cuoco degli Sforza, scrive il libro De arte coquinaria.
Rossi è considerato il cuoco più importante del Rinascimento. Nella sua ricerca, anche i colori giocano un ruolo fondamentale: proprio come la tavolozza di un pittore, anche la tavola deve rispecchiare un ideale di armonia.
Per lui, la cesura con la cucina medievale è netta: Rossi rinuncia alle spezie tanto utilizzate nel Medio Evo, in favore di una grande pulizia formale, scegliendo pochi ingredienti essenziali con cui dare colore al piatto: le mandorle per il bianco, il prezzemolo per il verde e lo zafferano per il giallo.
Con lo zafferano realizza circa settanta piatti, fra cui spicca il riso giallo, servito soprattutto in occasioni di cerimonie ed eventi di stato.
Dalle tavole dell’aristocrazia, il risotto allo zafferano entra nella cultura materiale della città, diventando IL piatto milanese per eccellenza.
Così, agli inizi del Novecento, Gianni Mangini fonda a Milano la prima azienda che si occupa di zafferano per uso alimentare e lancia il marchio Tre Cuochi, destinato a larga fortuna. Nel 1963, l’azienda replica il successo con l’arrivo di Leprotto, lo zafferano “dal sapore deciso”.
Sulla busta color oro, compare un leprotto goloso: zampe lunghe e cappello da cuoco, Otto il Leprotto tiene in bella mostra un piatto di risotto fumante, aspirandone il profumo con aria soddisfatta.
La sua immagine, leggera e gioiosa, interpreta il clima del boom economico, dando vita a una comunicazione a trecentosessanta gradi: espositori, réclame televisiva e gadget personalizzati, mirano a costruire una moderna cultura dello zafferano. L’azienda lancia anche una collana di ricettari, creando accostamenti inediti per dare vita a un nuovo alfabeto gastronomico.
Lo zafferano esce così dal regno dei primi piatti, per approdare agli antipasti, i secondi, i dolci. Anche la busta amplifica questo desiderio di conoscenza: le ricette, stampate sul retro, offrono idee appetitose, offrendo nuove occasioni di sperimentazione.
Proprio come il leprotto, simbolo di velocità e leggerezza, anche il consumatore è invitato ad approcciare la cucina con agilità, traendone soddisfazione immediata.
Ma il vero colpo da maestro è il buono per vincere un pallone di cuoio (rigorosamente giallo!), che l’azienda diffonde a partire dal 1978: aprendo la bustina, i più fortunati possono trovare un tagliando che annuncia la vittoria. Spedendo il biglietto, il pallone viene recapitato direttamente a casa. Il premio non è pubblicizzato ed è proprio questo che, tuttora, suscita meraviglia: la scelta di fare qualcosa di sussurrato e controcorrente. Il risultato è un gioco sorprendente, capace di incantare per la sua semplicità, resistendo alla prova del tempo.